Non c’è nulla che ci tocchi davvero che non sia già stato realizzato interiormente.
La trasformazione è sempre prima interiore e poi, successivamente, ci porta a cercare nell’ambiente intorno a noi le parole, le immagini o magari gli insegnamenti di qualcuno per l’esigenza di razionalizzare e dare forma a quanto già avvenuto dentro di noi.
La nostra voce è, nel bene e nel male, l’effetto di una consapevolezza identitaria che ne determina ogni aspetto, dal suono al desiderio di volerla cambiare per riscoprirla in nuove forme espressive. Quello che impariamo ci fa rendere conto di ciò che è già in potenziale o di ciò che deve essere (o ad auto imporci brutalmente quello che la mente ci indica come corretto per ragioni diverse dall’arte).
Lo studio, la buona tecnica, ci indicano qualcosa che non è esterno a noi, ma che è già presente e che chiede solo di essere osservato e capito.
Non tutte le trasformazioni che accadono alla nostra voce sono frutto di uno studio, o di un intenso utilizzo “buono o cattivo” che sia, spesso sono una spontanea evoluzione verso qualcosa di affine a quello che si smuove dentro di noi, e che spesso non riusciamo a cogliere per condizionamenti e paure di sorta. Non mi riferisco ovviamente a patologie o a malattie che devono sempre essere diagnosticate e curate dal medico di fiducia, mi riferisco ai cambiamenti che subito interpretiamo come malfunzionamenti e che invece talvolta altro non sono che indicazioni chiare verso una trasformazione tanto importante quanto necessaria.
Al sè profondo interessa della nostra realizzazione piena, meno del do4 che non riusciamo più a prendere di “petto”..
Possiamo decidere se piegare la nostra voce alle esigenze di un’estetica illusoria e inverosimilmente immutabile, o arrenderci con fiducia a quanto in noi cambia per seguire le evoluzioni di ciò che siamo davvero, verso qualcosa di diverso e certamente più espressivo.
La tecnica si trasformerà in futuro in un percorso di ricerca interiore non scisso da ciò che siamo, superando le illusioni dell’estetica funzionale al profitto, creando sempre di più artisti coraggiosi (che torneranno a mio parere a vendere musica per la bellezza di quanto creano) invece che emuli sbiaditi.
Per ora accontentiamoci di goderci una bella cantata in attesa che tutto vada come deve andare.
Simone Moscato

Quanto hai scritto rispecchia molto fedelmente quello che sto vivendo in questo momento. Canto meno che in passato ma quando lo faccio vedo emergere una personalità e una consapevolezza interiore del tutto nuove…tali forse proprio perchè si stanno nutrendo di tanto silenzio e ascolto. Mai come in questi ultimi mesi apprezzo, nell’ esercizio di questa facoltà, tutte le sfumature sia della voce che degli strumenti, tutta la portata di ogni parola, tutto il mio mondo emotivo che entra in risonanza con il senso di un brano, vero o presunto che sia. Molto lontana dalla vecchia idea di qualcosa di preconfezionato da raggiungere, mi godo l’emergere della mia identità.
Ciao boss!
Cecilia