Mi permetto di esprimere un’opinione assolutamente personale (non necessariamente condivisibile) su quello che sembra essere diventato un appuntamento fisso sulle reti televisive, cioè quello del bimbo prodigio che interpreta canzoni della tradizione pop e cantautoriale italiana.
Ho osservato e ascoltato una bimba di forse 10 anni cantare “Perdere l’amore”, ammiccando alla telecamera, spingendo la voce, e cercando di rendere credibile ed appassionata l’interpretazione di un brano evidentemente fuori dalla portata di una persona che non è in grado certamente di “prendere a sassate tutti i sogni ancora in volo”, per età anagrafica oltre che per reale capacità di comprensione ed introspezione.
Con questo non intendo dire che un bimbo non sia libero di cantare ciò che vuole, nè che debba castrare un talento precocemente espresso, ma che forse l’impoverimento culturale che spinge i “creativi” della tv a produrre solo mediocri reality, potrebbe quantomeno risparmiare i fanciulli e lasciarli al loro naturale e fisiologico sviluppo psico-fisico, oltre che concedergli l’opportunità di maturare la loro musica a partire da ciò che sono davvero, nel tempo che gli è necessario.
Non entro nel merito delle possibili problematiche di salute di un bimbo che precocemente affronta un repertorio al di fuori della sua portata e si impegna in uno studio che lo sensibilizza ad uno strumento prossimo al cambiamento radicale… Nemmeno ne faccio in questa sede una questione etica rivendicando il diritto all’infanzia di chi troppo presto vive il peso di successo, fama, fallimento e tutto quello che solitamente colpisce in modo forte un adulto… Semplicemente rilevo come per l’ennesima volta la parola “canto” non sia associata ad una libera espressione artistica, vera, naturale, comunicativa, ma che sia invece incollata ad un “freak show” di certamente talentuosi bimbi che intonano brani scritti da e per adulti, con voci necessariamente e talvolta innaturalmente forzate oltre il limite, vecchie glorie che ne giudicano il talento parlando di “emozioni trasmesse”, e genitori in buona fede (spero) orgogliosi e talvolta speranzosi di guadagnare grosse cifre.
Amici miei siamo sempre più lontani dalla musica, sempre più lontani dall’arte, ora non ci accontentiamo nemmeno più di ginnasti della voce che nulla esprimono al di fuori delle loro 4 ottave, ora per stupirci e passare la serata le 4 ottava le facciamo sputare ad un bimbo di 10 anni, sempre più avulso dal senso artistico che si presume debba esprimere.
Aspetto a questo punto con ansia “io canto in culla”, “io canto in coma” e perchè no, “io cantavo da vivo ma se fai una bella evocazione io canto pure da morto”…
Simone Moscato
