Oggi più che mai abbiamo bisogno di respiro sia nella nostra vita quotidiana che nei nostri itinerari di autoconoscimento e di trasformazione. E il respiro ci può venire solo da una mente pacificata, una mente più integra cioè, meno frammentata nelle varie compulsioni del nostro ego. Solo una mente quieta e silenziosa diviene capace di penetrare nelle zone conflittuali del nostro essere, di riconoscerle innanzitutto, e quindi poi di sanarle. Ecco perché qualsiasi cammino psicoterapeutico profondo non può non integrarsi prima o poi con l’itinerario spirituale di liberazione. Anzi è solo il rafforzamento del contatto spirituale con gli stati della nostra unificazione interiore, e cioè con la sorgente sempre viva della nostra rigenerazione, che ci consente di portare luce negli strati sempre più radicali della nostra scissione paranoide, e di disattivarne i meccanismi distruttivi. Così come il progressivo riconoscimento e scioglimento dei nostri più arcaici nodi emotivi, ci libera per stati unitivi sempre più integrali e profondi, in una circolarità virtuosa che possiamo chiamare propriamente la nostra storia della salvezza.
Detto in sintesi: la preghiera e la meditazione danno luce e orientamento alla ricerca psicologica, così come l’autoconoscimento psicologico delle nostre distorsioni profonde purifica, dà corpo e concretezza alla nostra vita spirituale, la aiuta cioè ad incarnarsi.
Molte persone hanno già sperimentato varie forme o metodi di meditazione. Altre forse ne hanno solo sentito parlare. Non ha alcuna importanza. Noi faremo piccoli passi senza alcuna pretesa. Siamo principianti e restiamo tali. Ogni mezzo resta perciò soltanto uno strumento funzionale al passaggio che stiamo compiendo. Per quanto mi riguarda io incominciai i miei primi tentativi di meditazione silenziosa leggendo Sadhana – Un cammino verso Dio del gesuita indiano Anthony De Mello. Era il 1981 e il libro me lo passò Paola, che poi diventò mia moglie. Glielo aveva dato il suo parroco Don Ottavio, che poi, quattro anni dopo, ci sposò. I primi esercizi di quel libro, sulle sensazioni corporee e sul respiro, mi furono sufficienti per conoscere una pacificazione mentale sorprendente che poi ho tentato di approfondire nei 25 anni successivi. Quegli esercizi possono essere un’ottima introduzione al silenzio interiore. Comunque in queste meditazioni darò anch’io piccole indicazioni di massima, tenendo sempre presente però questa sana osservazione di un grande mistico del XIV secolo: “Dio non ha vincolato la salvezza umana a nessun metodo particolare.” (Meister Eckhardt)
Ciò che conta è ritrovare ogni giorno, e poi quanto più spesso è possibile durante la giornata, gli stati mentali della nostra pace, scoprire che essi sono la nostra più intima verità, e sono sempre presenti in noi, sempre pronti a donarci la loro pienezza, se solo ci rivolgiamo nella loro direzione. Mai come in questo nostro tempo, così proiettato nei ritmi furibondi della superficie, l’umanità ha avuto bisogno di ancorarsi alla quiete e alla lentezza salutare delle proprie profondità luminose. Solo ricentrati nella pace del nostro vero cuore potremo poi gestire anche la velocità telematica senza farcene travolgere.
Marco Guzzi